Interni 746 – Novembre 2024 – The curatorial project
In questo numero raccontiamo il percorso di progettisti e designer che si muovono tra aziende del furniture e collectible design. Ma parliamo anche di collezionismo di arredo dal mercato in costante crescita
Cosa distingue arte e design? Oggi i confini tra le discipline sono sempre più labili, come dimostra la sperimentazione personale di tanti designer e architetti che trovano nella ricerca indipendente la possibilità di indagare in libertà e velocità quello che l’industria non sempre consente loro di realizzare. È il caso di Simone Fanciullacci, Philippe Malouin e del duo Objects of Common Interest: progettisti nati dalle scuole politecniche e poi approdati al collectible design, o, al contrario, usciti dal mondo delle gallerie e poi cooptati dalle aziende del furniture.
Filantropia e rigenerazione creativa
Ma tante volte non ci sarebbe arte se non ci fossero illuminati e appassionati imprenditori che la sostengono con fondazioni e circoli no profit. Nicole Saikalis Bay, Elisabetta Fabri, Clara e Giovanni Floridi rappresentano tre storie di mecenatismo italiano che, tra filantropia e rigenerazione creativa, divulgano e sostengono il progetto con l’obiettivo di legarlo al territorio.
Tra arte e architettura
È quanto si propone anche Homo Faber, l’evento dedicato alla promozione dell’artigianato artistico contemporaneo. A raccontarci il successo della grande mostra biennale tenutasi a Venezia lo scorso settembre è Hanneli Rupert, vicepresidente della Michelangelo Foundation che organizza la manifestazione e sostiene l’eccellenza nell’ambito dei mestieri d’arte. L’arte fa da filo conduttore anche alle architetture pubblicate: una rassegna di case che, da Milano a Miami, da Città del Capo al Val di Noto, fino a Gassino Torinese, si avvalgono di oggetti unici e opere site specific per restituire uno sguardo originale sul tema dell’abitare.
Annual Contract 2024: habitat contemporanei tra natura e artificio
Un mondo sbilanciato quello di questi ultimi anni. Da molti fattori, politici, culturali, economici. Un mondo in continua trasformazione, fluido, come spesso si ama definirlo. Prendiamo il rapporto fra città e campagna. La tradizione industriale e di tutto il Novecento era tesa a distinguere i due mondi, complementari ma diversi. Oggi, in una società sempre più propensa all’inurbamento, la dualità è destinata a dissolversi. Si prevede che nel 2050 il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà in delle metropoli o meglio megalopoli. E allora, come possono rispondere l’architettura e il mondo del progetto al cambiamento? Step by step, viene da dire, a passi lenti ma consapevoli. La città deve tornare ad essere ‘un luogo’ a tutti gli effetti. In grado di garantire qualità a chilometro zero. Città verde di giardini ma anche di orti, come succede a Venezia nelle sperimentazioni sulle isole che stanno cambiando la loro destinazione d’uso. Città aperte ad accogliere le differenze dove l’arte e la cultura tornano ad avere un ruolo da protagoniste per la crescita e la formazione. Città della scienza e del sapere, dove, per esempio, lo studio delle neuroscienze può rivelarsi uno strumento fondamentale per l’innovazione anche nell’ambito della progettazione dei luoghi di lavoro. Questi sono alcuni dei temi trattati in questo numero a cui si aggiunge uno speciale dedicato all’ospitalità: hotel di prossimità, ad alta quota e strutture permanenti come le suggestive tende dei glamping.